Cosa dobbiamo aspettarci per il 2023? Questa è la domanda che in molti si pongono, memori delle difficoltà  incontrate dai mercati globali nel 2022 ed intimoriti da quello che potrà  accadere quest’anno. Il 2023 è appena iniziato e lascia ancora spazio a riflessioni sui tanti aspetti che incideranno sui risultati e sulle decisioni delle nostre impese: aspettative di ripresa o di recessione, dinamiche inflazionistiche, previsioni sul costo dell’energia e mosse delle banche centrali. Questi sono solo alcuni dei grandi temi sotto la lente di ingrandimento degli analisti e che sono avvertiti dagli operatori economici come driver fondamentali delle previsioni e delle scelte, ad esempio, in termini di investimenti, margini di redditività, costo del debito e politiche di assunzione del personale.

Abbiamo provato a fare una sintesi delle previsioni per il 2023 di alcune delle più grandi banche e società di investimento mondiali e, infine, a trarre qualche conclusione per le PMI italiane.

Economia globale

Negli ultimi anni, l’economia globale ha subito un reset fondamentale e duraturo a causa della pandemia di COVID-19, dei cambiamenti demografici, dei cambiamenti climatici e dell’indebolimento degli investimenti delle imprese sulla scia delle rotture geopolitiche. Le ricadute sono evidenti nelle previsioni a lungo termine per l’economia globale. Infatti, si prevede che questa crescerà  a un ritmo molto più lento rispetto al periodo 2010-2019. L’inflazione rimarrà  un problema nel 2023, anche se si prevede che alla fine raggiungerà  il picco e inizierà  a diminuire.

Secondo Goldman Sachs, l’Unione Europea ed il Regno Unito sono probabilmente in recessione, principalmente a causa dell’aumento delle bollette energetiche, che infierisce sul reddito reale. Ma ci si aspetta solamente una lieve recessione, poiché l’Europa é già  riuscita a tagliare le importazioni di gas russo senza frenare l’attività  ed à probabile che tragga vantaggio dagli stessi miglioramenti post-pandemia che stanno contribuendo a evitare la recessione negli Stati Uniti. Dati i minori rischi di una profonda recessione e l’inflazione persistente, ora si prevedono rialzi dei tassi fino a maggio con un picco del 3% della BCE.

Inflazione

L’elevata inflazione ha scatenato una crisi del costo della vita, esercitando pressioni sulle banche centrali per domare tale dinamica, con danni alla crescita e all’occupazione forse trascurati.

Come citato all’interno del “2023 Global Market Outlook di BlackRock Investment Institute”, la narrativa della “politica dell’inflazione” è però sul punto di cambiare. Il ciclo di rialzi dei tassi fuori misura si fermerà  senza che l’inflazione torni sulla buona strada per tornare pienamente agli obiettivi del 2%. Man mano che il danno diventerà  chiaro, la “politica della recessione” prenderà  il sopravvento. Quindi, anche con l’arrivo di una recessione, secondo BlackRock conviveremo con l’inflazione.

Italia

In Italia, come citato nel “ING Global 2023 Economic Outlook”, il nuovo Governo Meloni ha finora adottato un approccio prudente alle politiche fiscali. La recente manovra finanziaria ne è un esempio. Privilegia l’esigenza di affrontare l’emergenza dei prezzi dell’energia con un approccio frammentario (è finanziato in deficit fino al primo trimestre del prossimo anno), limitando le spese per altre voci come le pensioni, la riduzione del cuneo fiscale e la flat tax. Fondamentalmente, lo fa mentre mira già  a un aggiustamento considerevole nel 2023, quando il patto di stabilità  e crescita (PSC) sarà  ancora sospeso. Nell’anno della riforma del PSC, accumulare crediti politici sarà  essenziale per avere voce in capitolo nel processo di contrattazione. Tale capitale di credibilità  potrebbe anche contribuire a gestire meglio eventuali problemi connessi alla difficile attuazione della parte di investimento legato al piano per la ripresa e la resilienza (PNRR). Dato un payoff potenzialmente così elevato, si ritiene che il Governo cercherà  di attenersi alla prudenza almeno oltre la prima metà  del 2023, accettando nel processo i danni collaterali di una recessione morbida, che potrebbe concludersi nel secondo trimestre del 2023.

Mercati finanziari

Per quanto riguarda i mercati finanziari, con i picchi di inflazione e la politica monetaria che raggiunge un territorio restrittivo, il reddito fisso dovrebbe tornare ad essere più accattivante. Ciò significa che la performance delle obbligazioni e delle azioni dovrebbe nuovamente divergere, poiché si prevede che i mercati azionari potrebbero essere ancora volatili nella prima metà  del 2023, considerando che la crescita economica più lenta colpirà  gli utili delle società.

Secondo Deutsche Bank è probabile che le banche centrali e gli investitori trovino il 2023 come un anno meno complicato di quanto si potesse pensare fino a poco tempo fa. L’inflazione dovrebbe diminuire (ma rimarrà  ben al di sopra dei livelli obiettivo delle banche centrali) e i principali ostacoli globali (da geopolitica, malattie o altri fattori) potrebbero essere evitati. Di conseguenza, sebbene siano in previsione ulteriori rialzi dei tassi da parte delle banche centrali, gli aumenti dei rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine dovrebbero essere relativamente modesti da qui in poi. Il peggio dovrebbe essere passato. Per gli investitori obbligazionari, rendimento e qualità  non saranno più una contraddizione. Mercati obbligazionari più stabili dovrebbero, a loro volta, contribuire a ridurre la volatilità  dei mercati azionari. Il 2023 sarà  probabilmente un anno accettabile per le azioni, ma non eccezionale. I rendimenti positivi saranno trainati da una modesta espansione dei Price/Earnings e dai dividendi, ma gli utili per azione saranno stagnanti. I bond sono ritenuti nuovamente attraenti per arginare l’erosione dei risparmi. I rialzi di tassi delle banche centrali che, seppur a ritmo calante, continueranno almeno per il primo semestre del 2023, alzeranno i rendimenti dei bond area Euro “tra il 2,2 e il 3,2%” (stima Vanguard).

Commercio & Industria

L’ambiente B2B globale sta attualmente attraversando un periodo di perturbazione che ha avuto inizio con lo scoppio della pandemia di COVID-19 nel 2020.

Come afferma Alibaba, una delle più grandi piattaforme di e-commerce all’ingrosso al mondo, le interruzioni delle catene di approvvigionamento, la cancellazione delle fiere e la restrizione delle riunioni di persona a livello globale hanno accelerato il passaggio al commercio digitale. Mentre le grandi aziende avevano a disposizione le risorse che consentivano loro di passare rapidamente all’approvvigionamento focalizzato sul digitale, le PMI hanno dovuto affrontare una serie di sfide, tra cui la mancanza di risorse, budget e competenze nella vendita e nell’acquisto dei loro beni online. Questo cambiamento ha portato le PMI a rivolgersi sempre più a partner più affermati nello spazio di e-commerce B2B, che sono in grado di fornire gli strumenti, la piattaforma e la portata per le PMI per rafforzare la loro presenza digitale ed evolversi con questo nuovo modo di fare business.

La trasformazione digitale ha contribuito a:

Ridurre il rischio aziendale: la digitalizzazione dei processi ha consentito a molte aziende di mitigare determinati rischi accentuati dallo scenario pandemico e post-pandemico. Ad esempio, il rischio operativo derivante dall’incapacità  di trovare clienti e smaltire l’inventario è stato una minaccia per molte MPMI durante la pandemia. Il passaggio al digitale ha aiutato molte aziende a combattere questo rischio, in quanto hanno potuto accedere a nuove opportunità  di vendita mentre le loro sedi fisiche erano chiuse.

Raggiungere più clienti: chiaramente, l’esportazione digitale presenta molte più opportunità  di trovare, connettere e persuadere più acquirenti. Con le possibilità  quasi illimitate del commercio digitale, le piccole aziende hanno poche limitazioni alla gamma e alla qualità  dei potenziali clienti a cui possono accedere. Quando riescono a combinare questo vantaggio con un ottimo marketing su una piattaforma utile, esse possono trovare più lead di alta qualità  con un alto potenziale di conversione in vendita.

Il potenziale di produttività  dell’infrastruttura su cui è stata costruita la seconda rivoluzione industriale è andato esaurendosi nei primi anni di questo millennio. Oggi è ormai emersa una nuova infrastruttura tecnologica, guidata da computer, reti IT e robotica. Questi elementi hanno gettato i semi dell’Industria 4.0. Come affermato all’interno del “Investment Outlook for 2023 di BNP Paribas”, quest’ultima rivoluzione potrebbe essere trasformativa per le economie, per l’ambiente e per il modo in cui le società  sono organizzate. I progressi tecnologici contribuiranno a ridurre i costi di produzione e di consegna di molti beni e servizi quasi a zero (o a una quantità  marginale). Nel prossimo decennio, l’infrastruttura dell’Industria 4.0 sembra destinata ad espandersi per includere, ad esempio, auto a guida autonoma che utilizzano energia rinnovabile a basso costo.

Il punto di vista di TAB per le PMI italiane

Come possono muoversi le imprese italiane in questo scenario?

La presenza di tassi in rialzo potrebbe suggerire la postergazione degli investimenti non strettamente necessari, se da finanziare con debito. Diverso è il caso delle imprese che vantano liquidità , le quali, subendo l’effetto della tassa implicita (inflazione) sui propri depositi, potrebbero trovare conveniente anticipare alcune scelte di investimento.

Sappiamo però che una corretta pianificazione degli investimenti deve iniziare ben prima del momento in cui si decide di procedere con primi costi. Per questo motivo, essendo probabilmente il 2023 un anno contraddistinto da fondamentali macroeconomici non ottimali per prendere nuove posizioni impegnative (in termini di inserimento in nuovi mercati o di commitment per nuovi investimenti), si ritiene che le aziende possano sfruttare la fase attuale per studiare e pianificare adeguatamente il proprio step evolutivo, che difficilmente potrà  prescindere da un adeguato presidio del leit motiv del periodo pandemico e post-pandemico: la digitalizzazione dei propri processi produttivi e distributivi. In questa ottica, diventa cruciale anche l’assunzione di risorse umane specialistiche che abbiano la capacità  di innovare le aziende che operano in settori tradizionali, andando a pescare dal bacino universitario delle cosiddette lauree STEM (science, technology, engineering and mathematics), ossia l’insieme delle discipline indispensabili per aspirare al successo lavorativo nel prossimo futuro e per contribuire ad affrontare con armi adeguate le grandi sfide che le nostre realtà  imprenditoriali si trovano di fronte.

Infine, non si può non citare la necessità  arcinota delle imprese italiane di mirare ad una crescita dimensionale. La compressione dei margini, spinta ultimamente anche dall’ampliamento dei mercati causato per molti operatori dall’impulso del commercio digitale, rende sempre più evidente la difficoltà  di sopravvivenza in assenza di dimensioni adeguate. Questo è un tema storico per le imprese italiane, la cui impellenza è sempre più evidente. È sempre più necessario il superamento delle barriere culturali tipiche di certa imprenditoria familiare, aprendo il terreno ad operazioni che consentano una crescita per linee esterne (operazioni di M&A) o per linee interne (ricorrendo alle variegate forme di finanziamento che il mercato bancario ed il mercato fintech sono ormai in grado di offrire).