Quello dell’inflazione è un punto con cui tutti da più di un anno abbiamo ripreso a familiarizzare, dopo anni di sostanziale assenza dell’argomento dalle discussioni politiche ed economiche dei governanti e degli imprenditori.

Le cause principali della pressione inflazionistica che stiamo vivendo sono note a tutti: il post-Covid con lo stress arrecato alle filiere, la guerra in Ucraina, la crisi energetica. Le banche centrali hanno reagito con un repentino rialzo dei tassi di cui tutti, aziende e cittadini, stanno vedendo gli effetti.

Adesso la domanda di tanti è: a che punto si trova il trend inflazionistico?

Se vogliamo vedere quello che succede negli USA come un’anticipazione di quello che potrà  accadere in Europa – cosa che spesso succede in ambito macroeconomico – allora la fase di crescita dell’inflazione potrebbe essere giunta al suo culmine. Potrebbe nei prossimi mesi manifestarsi una graduale normalizzazione della dinamica dei prezzi.

La seconda domanda che molti potrebbero porsi è: quali effetti potrebbe avere un ritorno alla normalità  su imprese e cittadini? A tale proposito, per “normalità” potremmo pensare alla fatidica soglia del 2% di tasso di inflazione tanto cara alle banche centrali.

Sicuramente avremo un impatto sui tassi di interesse: anch’essi dovrebbero registrare un trend analogo, con un graduale stop ai continui rialzi e presumibilmente con un successivo andamento decrescente.

Ma, in questa sede, ci preme analizzare un aspetto che forse emerge meno dalle analisi della stampa e che, nella nostra esperienza, abbiamo vissuto nel dialogo continuo che teniamo con le imprese.

Lo shock iniziale sui prezzi è riassunto egregiamente dal confronto tra il prezzo del gas naturale – riferito alla sola materia prima – registrato a settembre 2021 (36,86 €/m3) ed il prezzo registrato a dicembre 2022 (134,92 €/m3) (Fonte: Arera), con un incremento del 266%. A fronte di una simile impennata dei prezzi, molte aziende si sono necessariamente ed ovviamente mosse prontamente con un rialzo dei prezzi di vendita dei propri prodotti/servizi. Mediamente, si può dire che in molti settori e per molti player, la reazione ha consentito nell’immediato di mantenere più o meno intatta la marginalità  esistente pre-shock, scaricando l’aggravio di costo sull’elemento terminale della filiera: il consumatore finale.

Oggi, posizionandoci a giugno 2023 come data di riferimento, possiamo dire che i prezzi dell’energia si sono normalizzati: il prezzo del gas naturale ammonta a 45,28 €/m3, non molto distante dal riferimento iniziale della nostra analisi (settembre 2021), grazie a ribassi continui e consistenti iniziati da gennaio 2023. Dinanzi a questo trend ribassista, però, le dinamiche del mercato e della supply chain non sono state così repentine nel reagire come lo sono state durante la fase rialzista.

In altri termini, poiché la parte più consistente dell’inflazione si è scaricata sul consumatore finale, molte aziende attualmente non avvertono una forte pressione a chiedere ai propri fornitori quei ribassi di prezzo che avrebbero titolo a richiedere considerando che i prezzi energetici sono sensibilmente scesi.

A ciò si aggiunge un elemento psicologico: in una fase in cui tutto è cresciuto di prezzo, è percepito come “normale” da parte del compratore tollerare costi elevati. In sostanza, si assiste ad un generale indebolimento del potere negoziale “buyer side”.

Di questo ne traggono beneficio numerose aziende delle varie filiere, che hanno registrato in molti casi sostanziali incrementi della propria marginalità  grazie a prezzi di vendita che sono rimasti alti a fronte di costi (energetici ma non solo) che si sono considerevolmente abbassati.

Quanto potrà  durare questo “beneficio” in termini di maggiore marginalità  che stanno registrando molte aziende durante questo 2023? Dipenderà  da molti fattori, tra cui il ripristino di dinamiche concorrenziali che attualmente sono in parte disinnescate dalla particolare congiuntura macroeconomica.

Il messaggio che, come consulenti di direzione, ci sentiremmo di dare a molte aziende è questo: non adagiatevi! Non sprecate questa opportunità  che la “relativa” tranquillità economico-finanziaria vi concede per investire in iniziative volte all’efficienza, fatte di digitalizzazione dei processi, di assunzione di competenze specialistiche, di adozione di processi e di risorse per il miglioramento del controllo di gestione, di percorsi per la sostenibilità  che nel prossimo futuro saranno sempre più premianti.

Il “bonus” è temporaneo ed ha una scadenza, sebbene non scritta. Una volta raggiunta tale scadenza, ad andare avanti saranno solo quelle realtà  aziendali che saranno state capaci di evolversi, di modernizzare i propri processi e di dotarsi di competenze distintive. In sintesi: quelle che avranno investito per innalzare il livello della propria competitività!