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La mission spiegata nel film “The Six Triple Eight”

Nelle disquisizioni sulla strategia aziendale, uno dei concetti più difficili da “Mettere a Terra” è quello di mission.

Ci viene in aiuto un FILM, di passaggio in queste settimane su Netflix. Il FILM si chiama THE SIX TRIPLE EIGHT.

Alcuni sanno di cosa si parla, almeno in TEORIA, ma anche per costoro, spiegare con parole semplici di cosa si tratta e perché è così importante arrivare a definirla è molto difficile. 

6888 è il codice identificativo di un Battaglione dell’esercito USA composto da sole donne che, durante la Seconda guerra mondiale, servì il Paese gestendo i flussi di posta dei soldati e delle loro famiglie da e verso l’Europa.

Il Film narra l’impresa delle donne che fecero parte di quel battaglione, le quali si trovarono non solo a dover risolvere una tostissima sfida di tipo organizzativo-logistico, ma anche a dover fronteggiare i pregiudizi di genere e razziali dell’epoca, che limitavano e svilivano il ruolo e il contributo che le donne di colore potevano avere nell’azione militare USA.

Ora capiamo come questo FILM ci può aiutare a capirne il senso e l’importanza della MISSION.

C’è una scena del FILM, tra il minuto 61 e il minuto 64, in cui l’ufficiale Charity Adams tiene il suo discorso di insediamento, di “go-live” del progetto diremo oggi.

L’Ufficiale si trova a dover spiegare a centinaia di donne trasportate in fretta e furia dagli USA all’Europa, dopo un viaggio via nave fatto in condizioni certamente non di agio, perché si trovano lì e cosa sono chiamate “a fare”.

L’ORDINE di servizio, consisteva nel trovare il modo di smaltire un arretrato enorme di posta non consegnata, giacente in decine di depositi hangar in attesa di raggiungere il proprio destinatario. 

Ma la MISSION è un’altra cosa e Charity Adams lo sa e lo comunica bene: la MISSION è contribuire a “tenere alto” il morale della popolazione “a casa” e quello dei soldati “sul campo”, assicurando una comunicazione (postale) il più possibile affidabile e tempestiva.

Ecco allora che si coglie il vero senso della MISSION, il PERCHE’, il WHY💡, che le persone di quel Gruppo devono tenere a mente da quel momento in poi, ogni mattina quando si svegliano e ogni sera quando chiudono la giornata, nei momenti di successo ma soprattutto nei momenti di scoramento.

MISSION come bussola da usare nei momenti di smarrimento, perché proprio in quei momenti, ricordare il GRANDE PERCHE’ può aiutare i membri di una organizzazione a ritrovare o mantenere la “giusta via” e la motivazione, anche dentro la più terribile delle situazioni.

Al di là della specifica scena, il FILM è molto bello e merita di essere visto.

Tra l’altro si tratta di una storia vera e ci restituisce una LEADER femminile che, pur nella sua granitica durezza di facciata, non si vergogna di provare emozioni.

Buona visione e buon business!


hashtag#MISSION hashtag#STRATEGY

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Video did not kill the radio stars:

100 anni di successo ed evoluzione della radio

Introduzione al tema storico

Era il 6 ottobre 1924 quando l’Italia vide nascere la sua prima trasmissione radiofonica ufficiale. Alle ore 21, dai microfoni della neonata URI (Unione Radiofonica Italiana), Maria Luisa Boncompagni annunciò l’inizio delle trasmissioni dalla stazione di Roma S. Filippo, situata nei Parioli, allora aperta campagna. La radio entrava così nelle case degli italiani, un evento epocale che segnò l’inizio di una nuova era nella comunicazione.

Fin dai suoi esordi, la radio ha dimostrato una potenza incredibile, capace di raggiungere tutti, superando le barriere della geografia. La sua influenza si fece sentire soprattutto durante momenti cruciali della storia italiana: basti pensare al referendum del 2 giugno 1946, che sancì la fine della monarchia e l’istituzione della Repubblica. La radio fu il mezzo attraverso cui milioni di italiani seguirono l’esito di un evento che avrebbe cambiato il volto del Paese.

Un successo che attraversa le epoche

Il segreto del successo della radio risiede nella sua capacità di adattarsi. Quando nacque, rappresentava una rivoluzione tecnologica senza precedenti: per la prima volta, era possibile ascoltare una voce proveniente da chilometri di distanza, creando una connessione immediata e intima. Con il passare del tempo, la radio ha saputo integrarsi con le nuove tecnologie, mantenendo sempre vivo il suo rapporto con il pubblico.

Durante la seconda metà del Novecento, molti pensavano che la radio fosse destinata a essere “uccisa” dalla televisione. Eppure, mentre la TV conquistava le famiglie, la radio si ritagliava un nuovo spazio: quello dell’accompagnamento quotidiano. Nei momenti di lavoro, negli spostamenti in macchina, o nelle attività domestiche, la radio diventava una presenza costante, accessibile e rassicurante.

La radio ha inoltre avuto un ruolo fondamentale nel raccontare la fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945. In quei giorni di tensione e speranza, la radio divenne lo strumento principale per diffondere notizie su eventi chiave, portando aggiornamenti tempestivi e facendo da collante per una popolazione che cercava di ricostruire la propria vita dopo anni di conflitto.

L’arrivo di Internet sembrava un ulteriore colpo per la radio, ma, ancora una volta, questo mezzo si è evoluto. Le stazioni radio si sono spostate sul web, e sono nate le web radio e i podcast. Questo non ha solo ampliato il pubblico potenziale, ma ha anche permesso una maggiore personalizzazione dell’ascolto. La radio non era più vincolata alla trasmissione in diretta, ma offriva contenuti fruibili in qualsiasi momento.

La radio e il business: un connubio vincente

Fin dalle sue origini, la radio ha avuto un ruolo cruciale nel mondo degli affari, in particolare nel settore musicale e pubblicitario. Negli anni ’30 e ’40, con l’esplosione del jazz e poi del rock’n’roll, la radio è diventata lo strumento principale per diffondere nuove tendenze musicali. Le emittenti radiofoniche non solo promuovevano artisti emergenti, ma creavano vere e proprie tendenze, influenzando i gusti del pubblico e spingendo l’industria musicale verso nuove vette di successo.

Oggi, anche nell’era di Spotify e Apple Music, la radio rimane un canale fondamentale per la promozione musicale. Le radio trasmettono non solo canzoni, ma anche emozioni, raccontano storie dietro gli artisti e offrono spazi di interazione che le piattaforme di streaming non possono eguagliare.

La nascita delle radio commerciali negli anni ’70 ha rappresentato una vera rivoluzione nel panorama radiofonico italiano. Grazie a un modello di business basato sulla pubblicità, le radio private sono riuscite a sopravvivere e prosperare, adattandosi alle esigenze di un pubblico sempre più diversificato. RTL 102.5, Radio Deejay e RDS sono oggi i leader di questo mercato, offrendo contenuti che vanno dalla musica alle notizie, attirando una vasta gamma di ascoltatori e investitori.

Un esempio interessante di successo nel panorama delle radio commerciali italiane è Radio 24, che festeggia 25 anni di attività. Nata nel 1999 come la prima radio italiana dedicata esclusivamente all’informazione, Radio 24 ha saputo costruire una nicchia forte e fidelizzata, grazie a un mix di programmi di approfondimento economico, politico e culturale. La sua capacità di offrire contenuti di alta qualità per un pubblico selezionato la rende un caso di studio per imprenditori e manager che vogliono capire come differenziarsi in un mercato competitivo.

Le radio commerciali hanno saputo mantenere nel tempo un modello di business solido e duraturo. L’ascolto è sempre stato gratuito per il pubblico, ma supportato dagli introiti pubblicitari degli inserzionisti. La forza di questo modello sta nell’equilibrio: sebbene le pubblicità siano essenziali, non hanno mai raggiunto i livelli di invasività tipici delle televisioni commerciali degli anni ’80 e ’90. Questo ha permesso alla radio di mantenere un’esperienza di ascolto piacevole e continuativa, preservando l’attenzione e la fidelizzazione del pubblico senza saturarlo di messaggi commerciali.

Innovazione nel mondo radiofonico

Un esempio significativo di innovazione nel panorama radiofonico è rappresentato da RTL 102.5, che nel 2024 ha trasmesso in diretta le partite delle squadre italiane impegnate in Champions League, sottraendo questo contenuto al monopolio della radio pubblica. L’introduzione di un contenuto specialistico come il calcio in una radio generalista rappresenta una mossa audace, che testimonia la capacità di RTL di evolversi e rispondere a nuovi interessi del pubblico, ampliando la propria offerta senza perdere la sua identità.

Lezioni per imprenditori e manager

Cosa possono imparare imprenditori e manager contemporanei dalla storia della radio?

  1. Adattabilità: La capacità della radio di evolversi e integrarsi con le nuove tecnologie è una lezione preziosa. Nella gestione aziendale, è fondamentale essere sempre pronti a cambiare strategia, esplorare nuove opportunità e accogliere l’innovazione come un alleato.
  2. Connessione con il pubblico: La radio ha sempre mantenuto una connessione emotiva con i suoi ascoltatori. Oggi, le aziende devono fare lo stesso con i loro clienti, creando esperienze che vadano oltre il prodotto o servizio, ma che tocchino le emozioni e i valori delle persone.
  3. Resilienza: La radio è sopravvissuta all’avvento della TV e di Internet, dimostrando che anche un mezzo di comunicazione può reinventarsi di fronte a nuove sfide. Le imprese devono guardare al futuro con lo stesso spirito di resilienza e capacità di adattamento.
  4. Personalizzazione dell’esperienza: Oggi, con le web radio e i podcast, l’ascolto è diventato altamente personalizzabile. Allo stesso modo, anche le aziende devono puntare sulla personalizzazione, offrendo esperienze uniche a ogni cliente.
  5. Innovazione nei modelli di business: Le radio commerciali hanno saputo sviluppare un modello di business vincente, basato sulla pubblicità. Questo dimostra come, in un mercato in evoluzione, è necessario esplorare nuove fonti di entrate e diversificare le strategie per restare competitivi.

La radio, un mezzo senza tempo

Nonostante tutte le evoluzioni tecnologiche, la radio continua a occupare un posto speciale nella vita delle persone. Il suo successo è una testimonianza di come un mezzo di comunicazione possa rinnovarsi e prosperare, resistendo al passare del tempo e alle nuove sfide.

Per imprenditori e manager, la radio offre una potente lezione su come navigare i cambiamenti, innovare senza perdere di vista le proprie radici e, soprattutto, connettersi emotivamente con il proprio pubblico. Un esempio che va ben oltre la semplice trasmissione di onde sonore, ma che tocca il cuore della comunicazione moderna.

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Dai Van der Beurse a Wall Street:

Storia dei mercati azionari

I mercati azionari che oggi conosciamo – 

New York, Parigi, Londra, Milano, Francoforte, Hong Kong, Shanghai, Tokyo – e i giganti che li gestiscono – tra i quali NYSE, Euronext – rappresentano l’ultima evoluzione della finanza aziendale, oggi completamente disancorata dai luoghi fisici delle negoziazioni che un tempo li caratterizzavano, sorpassati da sofisticati sistemi di gestione digitale di miliardi di transazioni senza confini geografici. Questi luoghi, che noi comunemente chiamiamo “Borse” e che in molte città hanno lasciato spazio a luoghi dedicati alla cultura, all’intrattenimento (come nel caso di Bruxelles o Anversa), e in altre continuano a mantenere un valore fortemente simbolico del potere finanziario del Paese in cui si trovano (Wall Street in primis), trovano la loro origine, anche etimologica, nel laborioso, coraggioso e creativo mondo imprenditoriale tardo medievale. Per risalire alle origini del concetto e del nome dobbiamo infatti tornare indietro di secoli, fino alla Bruges tardo medievale, un crocevia di culture, merci e innovazioni finanziarie.

Bruges: il cuore della finanza medievale

Nel tardo Medioevo, Bruges era una delle città più prospere d’Europa, grazie alla sua posizione strategica e ai suoi collegamenti marittimi  con il Mediterraneo  e il Baltico. Questa città delle Fiandre settentrionali divenne un punto nevralgico per il commercio internazionale, grazie anche al declino delle fiere annuali della Champagne  e all’aumento dei costi di trasporto via terra. Gli italiani, che dominavano il commercio nel Mediterraneo, cercavano nuovi mercati per le loro merci  e trovavano in Bruges un collegamento ideale con l’Europa settentrionale. 

Nonostante il fiorente commercio, la maggior parte dei cittadini di Bruges non partecipava direttamente a queste attività. Erano gli albergatori locali  a giocare un ruolo cruciale . Questi professionisti non si limitavano a offrire alloggio e pasti ai mercanti stranieri; fornivano spazi per lo stoccaggio delle merci  e, cosa ancora più importante, diventavano intermediari tra i mercanti, facilitando la comunicazione e gli scambi . A quel tempo, non esistevano ancora listini ufficiali di borsa , quindi gli albergatori raccoglievano e diffondevano informazioni sull’economia locale e sui mercati esteri, rendendo possibile il commercio a lunga distanza.

La famiglia dei Van der Beurse

Una delle famiglie di albergatori più rispettate e influenti di Bruges era la famiglia Van der Beurse. Già nel XIII secolo, questa famiglia gestiva un’osteria chiamata Ter Beurse, che si trovava sulla piazza principale della città, di seguito denominata il Beursplein. Questa piazza divenne ben presto il centro commerciale e finanziario di Bruges. Ogni giorno, mercanti provenienti da tutta Europa  si radunavano lì per discutere di affari, scambiarsi cambiali e merci, e condividere preziose informazioni commerciali.

A partire dal 1370, i tassi di cambio di varie città iniziarono a essere pubblicati regolarmente nella Beursplein, e dal 1400 anche i tassi delle principali città commerciali e bancarie d’Europa, come Venezia, Barcellona , Londra  e Parigi. La piazza attirava notai  e cambiavalute, che aprivano i loro uffici per facilitare le transazioni. Inoltre, le nazioni straniere che commerciavano a Bruges stabilivano lì le loro “case nazionali”, che fungevano da consolati, sale riunioni e magazzini. Ad esempio, i veneziani aprirono una casa nazionale già nel 1322, seguiti dai genovesi nel 1397 e dai fiorentini nel XV secolo. 

La famiglia Van der Beurse giocò un ruolo così centrale che il nome della loro osteria e della piazza antistante divennero sinonimi di borsa valori  in diverse lingue. Il loro stemma, che raffigurava tre borse  (o “beurzen” in fiammingo) piene di monete, divenne simbolo del commercio finanziario. Sebbene l’origine del termine “borsa”  si riferisse alla piazza e non specificamente all’osteria, l’associazione con la famiglia Van der Beurse fu decisiva nel cementare il legame tra il luogo e il concetto di mercato finanziario.

Il declino di Bruges e lo sviluppo di altre piazze finanziarie in Europa

Con il passare del tempo, la centralità di Bruges iniziò a declinare, e il centro finanziario si spostò ad Anversa. Tuttavia, il modello sviluppato a Bruges, con il Beursplein come fulcro delle attività commerciali, fu replicato in altre città europee. Anversa stessa vide la nascita di una “nuova beurs” e, da lì, il termine si diffuse in Olanda, Francia , Italia , Spagna, Germania  e persino in Inghilterra.

Nel XVI secolo, l’idea di un mercato regolamentato e centralizzato prese piede in tutta Europa. A Lione , Bordeaux, Siviglia, Francoforte  e Londra  sorsero borse valori ispirate al modello belga-olandese, che aveva già visto una rapida evoluzione. Le borse non erano solo luoghi di scambio di merci e cambiali, ma anche di contrattazione su strumenti finanziari più complessi, come le obbligazioni di debito pubblico. Tuttavia, mancava ancora un ingrediente fondamentale per far nascere la borsa valori moderna: la compravendita di partecipazioni in imprese commerciali, ovvero le azioni.

La spinta decisiva: la nascita della società commerciale a responsabilità limitata a partecipazione diffusa

Questo cambiamento avvenne nel 1602, con la fondazione della Compagnia delle Indie Orientali Olandesi . Ad Amsterdam, gli investitori cominciarono a scambiarsi non solo merci, ma anche quote di partecipazione nelle spedizioni verso le Indie Orientali. La novità stava nella possibilità di possedere una parte della compagnia stessa, piuttosto che finanziare un singolo viaggio. Questo concetto portò alla nascita della società per azioni  e, di conseguenza, a costituire il presupposto essenziale della borsa moderna. 

L’innovazione olandese si diffuse rapidamente in Inghilterra, dove la Royal Stock Exchange divenne il centro delle attività finanziarie. Tuttavia, a Londra non esisteva un luogo dedicato esclusivamente allo scambio di azioni. Le trattative si svolgevano nelle caffetterie, con la Jonathan Coffee House che divenne il primo vero mercato azionario della città . Nel 1698, i commercianti trasferirono le loro attività nella Royal Stock Exchange, dando vita al primo mercato azionario istituzionale dell’Inghilterra.

Il Trasferimento del Potere Finanziario a Wall Street

Mentre l’Europa sviluppava i suoi mercati finanziari, nel Nuovo Mondo  avveniva un fatto apparentemente insignificante: nel 1653, alcuni pellegrini costruirono una palizzata difensiva  in una piccola stazione di posta che divenne poi New York. Quella strada fu chiamata Wall Street. Un secolo più tardi, Wall Street si trasformò nel centro commerciale della città, ospitando le prime riunioni di mercanti sotto un grande platano, il Buttonwood Tree. 

Nel 1792, un gruppo di mercanti firmò il Buttonwood Agreement, creando quello che sarebbe diventato il New York Stock Exchange (NYSE). Da quel momento, Wall Street divenne il cuore del sistema finanziario americano, crescendo insieme allo sviluppo tecnologico e infrastrutturale del Paese. 

Nel XIX secolo, l’invenzione del telegrafo  e la costruzione della rete ferroviaria coast to coast  furono finanziate dai capitali raccolti a Wall Street. La città di New York si affermò come il centro finanziario degli Stati Uniti, superando gradualmente le altre borse regionali.

Il XX secolo vide la consacrazione di Wall Street  come capitale finanziaria globale. Dopo la Prima Guerra Mondiale, con la crescita dell’industria americana e l’espansione dei consumi, il NYSE divenne il mercato azionario più importante al mondo.

L’eredità di questa storia

Oggi, i mercati azionari continuano a essere il fulcro del sistema economico globale. Tuttavia, quel legame con l’economia reale, così chiaro e naturale nella prima formazione dei mercati azionari, si è oggi un po’ perso a causa di una eccessiva iper-finanziarizzazione dell’economia. Ma il legame con l’economia reale, con un buon business sottostante, con una buona impresa, un buon settore  e buon management  rappresentano la parte “sana” e affascinante di un’istituzione  che ha consentito e tutt’oggi consente agli uomini e alle donne di business di realizzare progetti di investimento ambiziosi  e rischiosi  che in alcun modo si potrebbero realizzare se non con il ricorso ad un capitale di rischio ampio, diffuso, negoziabile  e desideroso di crescere, come quello che i mercati azionari consentono di intercettare.

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Il tennista che sopravvisse al Titanic e diventò campione:

la storia di resilienza, coraggio e talento di Richard Norris Williams.

Le origini

Richard Norris Williams nacque a Ginevra, in Svizzera, il 29 gennaio 1891. Suo padre, Charles Williams, un uomo d’affari americano, si era trasferito in Svizzera anni prima per motivi di salute.

Nel 1911, l’allora ventenne aveva già vinto il campionato di tennis singolare Swiss Open.

Nel 1912, il padre di Richard decise di tornare in America, in modo che il figlio Richard potesse frequentare Harvard e continuare la sua promettente carriera tennistica. Per farlo scelsero di imbarcarsi sul Titanic.

Il tragico viaggio

Era la sera del 10 aprile 1912 quando i due si imbarcarono sull’inaffondabile, nella fermata di Cherbourg (Francia).

Poco dopo che il Titanic colpì un iceberg alle 23:40 della tragica notte del 14 aprile 1912, Richard e suo padre si vestirono e lasciarono la loro cabina di prima classe sul ponte C. Inizialmente, non rendendosi conto della gravità della situazione, si diressero prima al bar della nave e poi alla palestra dove gli altri passeggeri si stavano radunando per riscaldarsi.

Lungo la strada superarono uno steward che cercava di aprire la porta di una cabina, in cui si trovava bloccata una donna in preda al panico. Williams, pensando di fare cosa buona e giusta, colpì ripetutamente a spallate la porta della cabina e alla fine la spalancò, salvo poi sentirsi dire dallo steward che sarebbe stato denunciato per aver danneggiato una proprietà della White Star Line. L’aneddoto ispirò più di 80 anni dopo James Cameron, che ne fece una scena del suo kolossal con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet.

Con l’acqua che saliva, Richard e il padre lasciarono la palestra, scavalcarono la ringhiera e si gettarono in oceano aperto. Il padre di Richard, Charles Williams, fu uno dei numerosi passeggeri schiacciati dal primo dei quattro fumaioli della nave a cadere. L’onda creata dal fumaiolo travolse Richard Williams e lo spinse più lontano dalla nave che affondava.

Trovatosi sommerso dalle acque fredde dell’oceano, Richard si spogliò della pesante pelliccia che indossava e persino delle scarpe. Appena riprese il galleggiamento Richard vide a una ventina di metri di distanza qualcosa che galleggiava e inizio a nuotare verso di essa. Quel “qualcosa che galleggia” era una scialuppa di salvataggio pieghevole parzialmente assemblata. Dopo essersi aggrappato per un po’ di tempo al lato dell’imbarcazione semisommersa, riuscì a salire a bordo insieme a circa 30 altre persone, con l’acqua all’interno che arrivava fino alla vita. Successivamente furono trasferiti sulla scialuppa di salvataggio comandata dal quinto ufficiale del Titanic Harold Lowe. Quando la barca dell’ufficiale Lowe raccolse il gruppo di naufraghi di cui faceva parte Richard, solo undici di loro erano ancora vivi, tutti gli altri erano morti di freddo.

Tre ore dopo, Richard fu trasferito insieme agli altri sopravvissuti sulla nave di soccorso Carpathia. Dei 2240 passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo del Titanic, solo 706 sopravvissero. Richard Williams fu uno dei pochi fortunati, ma era in cattive condizioni, entrambe le gambe erano state così colpite dal congelamento che il medico ufficiale del Carpathia gli disse che avrebbero dovuto essere amputate.

Il giovane Williams si rifiutò e le cronache scritte narrano che tale rifiuto fu accompagnato da una frase profetica: “Ne avrò bisogno”.

Nei successivi quattro giorni, prima che il Carpathia attraccasse a New York, ogni due ore Williams camminò intorno ai ponti fino a quando la circolazione tornò normale nelle sue gambe. Nel giro di poche settimane fu addirittura in grado di tornare di nuovo sui campi di tennis per riprendere gli allenamenti.

Incredibilmente, solo nove settimane dopo il disastro, con i pantaloni lunghi che nascondevano le gambe ancora gravemente scolorite, stava giocando nel torneo di tennis Longwood Bowl a Boston. Ancora più incredibile è il fatto che il suo avversario, Karl Howell Behr, fu anche lui un sopravvissuto al Titanic.

Il rivale

Sei anni più anziano di Williams, nato a New York, Behr era già una star del tennis quando si imbarcò sul Titanic. Fu finalista di singolare nel Campionato Nazionale degli Stati Uniti del 1906 (ora US Open) e, con Beals Wright, fu battuto dalla coppia australiana Norman Brookes e Tony Wilding nella finale di doppio di Wimbledon del 1907, un risultato che ribaltarono nella finale di Coppa Davis due settimane dopo.

Ma non era stato il tennis a portarlo sul Titanic. Fu l’amore. Behr, 27 anni, che di prima professione faceva l’avvocato nel settore bancario, stava corteggiando la ventenne Helen Monypeny Newsom, un’amica di sua sorella. La madre di Miss Newsom, Sarah, che aveva sposato Richard Beckwith dopo la morte del marito Logan Newsom, non era favorevole all’unione e aveva portato sua figlia in un viaggio in Europa per mettere una certa distanza tra lei e Behr. Imperturbabile, Behr inventò un viaggio d’affari in Germania, dove incontrò il gruppo Beckwith-Newsom e quando i Newsom prenotarono il viaggio di ritorno negli Stati Uniti sul Titanic, fece lo stesso. Aveva una cabina sul ponte C; i Newsom ne avevano due sul ponte D, vicino al punto in cui l’iceberg colpì la nave. Sia Behr che la signorina Newsom si salvarono e poi si sposarono rimanendo insieme per 36 anni fino alla morte di Behr nel 1949, all’età di 64 anni 🕊️.

Si racconta che Williams riconobbe Behr sul ponte del Carpathia, ma i due non parlarono. Il loro primo vero incontro fu sui campi da tennis del Longwood Challenge, solo nove settimane dopo il disastro. Il più giovane e atletico Williams vinse i primi due set 6-0 9-7 prima che l’esperto Behr lo logorasse, finendo per vincere i successivi tre 6-2 6-1 6-4.

Si sarebbero incontrati di nuovo nei quarti di finale degli US Nationals del 1914, questa volta Williams vinse 6-2 6-2 7-5. La partita segnò l’inizio della fine della carriera di Behr. Si ritirò dopo una sconfitta al primo turno nei Campionati Nazionali statunitensi del 1919. Behr è stato inserito nella International Tennis Hall of Fame nel 1969.

Da sopravvissuto a campione

La carriera di Williams, nel frattempo, prese il volo. Vinse il singolare maschile dei Campionati Nazionali statunitensi nel 1914, e di nuovo nel 1916 e il doppio nel 1925 e nel 1926, così come il doppio di Wimbledon nel 1920 e, con Hazel Hotchkiss Wightman, il doppio misto alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Fece anche parte della squadra statunitense cinque volte vincitrice della Coppa Davis e si classificò tra i primi 10 giocatori di singolare del mondo, tra il 1912-14 e il 1919-23.

Combatté la Prima guerra mondiale, in Francia, ed fu insignito del Chevalier de la Legion d’Honneur e della Croix de Guerre.

Williams divenne successivamente un banchiere d’investimento di successo e per 22 anni fu presidente della Historical Society of Pennsylvania. Inserito nella International Tennis Hall of Fame nel 1957, morì nel giugno 1968, all’età di 77 anni.

Pare che il giornalista del New York Times, Al Danzig, scrisse di lui che, nei suoi giorni migliori, era imbattibile sotto tutti i punti di vista, colpendo sempre con coraggio, sempre per vincere, non sapendo cosa significasse temporeggiare.

Cosa possiamo imparare dalla storia di Richard Williams

Il racconto di Richard Williams, sopravvissuto al disastro del Titanic e tennista di successo, offre preziose lezioni per gli imprenditori moderni, che oggi potrebbero finire sotto l’etichetta di “resilienza”: non arrendersi mai, anche di fronte alle avversità più estreme, adattarsi rapidamente ai cambiamenti e alle nuove circostanze, comportarsi con coraggio e prendere decisioni difficili in momenti di crisi.

Il Tennista campione del Titanic giocava ogni punto senza paura, letteralmente come chi gioca sapendo che potrebbe anche non avere un domani.

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