All’inizio della pandemia, nella prima metà del 2020, ci si aspettava che fenomeni come la regionalizzazione e il reshoring sarebbero diventati protagonisti delle dinamiche economiche globali dei mesi successivi. McKinsey ha svolto un’indagine interessante per capire come le aziende abbiano agito sulle loro supply chain e ciò che emerge è che tali dinamiche sono state meno protagoniste di quanto ci si aspettasse.
Le aziende hanno implementato misure di regionalizzazione della supply chain e nearshoring molto meno di quanto avevano previsto a maggio 2020, anche se con marcate differenze tra i vari settori. Nell’ultimo anno, invece, hanno aumentato ben più del previsto lo stock di sicurezza di prodotti, componenti e materiali critici. Aumentare le scorte è stato sicuramente più semplice e immediato rispetto a cambiare la struttura della supply chain e costruire nuovi impianti. La regionalizzazione, però, rimane una priorità per il 90% degli intervistati, che si aspettano di perseguirla nei prossimi tre anni.
La crisi ha sottoposto a stress test anche la tecnologia e l’organizzazione aziendale con il lavoro a distanza che sta passando dall’essere un requisito di sicurezza sanitaria ad un mega trend dei nuovi bisogni della forza lavoro, la capacità di gestire dati e processi in modalità digitale consentendone la visione, la condivisione e la collaborazione attiva su di esse ovunque e in qualunque momento, è diventata un must have. Da qui la scelta di molti intervistati di investire in queste capacità . Questo, ovviamente, ha comportato un’ulteriore digitalizzazione dei processi della supply-chain, tanto che molti vi hanno investito anche più del previsto. Permane, però, un’importante ostacolo “umano” legato ai processi di digitalizzazione ed è la scarsità di talenti, a cui si cerca di far fronte con nuove assunzioni o riqualificazioni, ma per ora non si è arrivati a un risultato sufficiente.
Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro? Gli eventi recenti hanno messo in luce che le supply chain sono ancora vulnerabili a shock e interruzioni. A preoccupare è il calo di attenzione per i problemi delle catene di approvvigionamento, con un rallentamento degli investimenti e permanenti carenze di talenti. I prossimi mesi, dunque, saranno cruciali: chi tornerà a vecchi modi di lavorare o non completerà gli investimenti necessari a rispondere alle debolezze della supply chain, rimarrà vulnerabile a shock e interruzioni e si troverà a competere con attori più agili, veloci e modernizzati.