Creare valore e comandare sul mercato partendo da una intermediazione: siamo tutti intermediari
Per filiera s’intende l’insieme degli agenti che direttamente o indirettamente operano lungo tutto l’itinerario economico di un prodotto dallo stadio iniziale della produzione a quello finale dell’utilizzazione.
Anche nella forma più semplice – diciamo a km 0 – c’è sempre un soggetto – chiamiamolo produttore – che si frappone tra le risorse in input e il prodotto consumato o il servizio utilizzato.
Quel soggetto sta li perché chi viene dopo e/o chi viene prima di lui ne riconosce un valore economico.
Sta in mezzo, ha un valore, è un intermediario.
In senso lato, cliente finale e madre terra a parte, in una filiera tutti possono essere definiti intermediari. Studiare la ragion d’essere di un intermediario significa studiare le filiere che creano valore e il modo in cui i soggetti che ci stanno dentro definiscono i propri confini di operatività .
🔗 Confini dinamici che possono creare la possibile compresenza di più soggetti (produttore, importatore, grossista, distributore, retailer) o restringersi fino alla massima integrazione (dalla produzione al retail sotto un unico cappello). Confini a monte o a valle se pensiamo alle attività primarie di Porter, oppure confini laterali se pensiamo alle attività secondarie e di supporto. In questi casi il fenomeno dell’intermediazione prende la forma dell’esternalizzazione o outsourcing.
La vita di una filiera è un’eterna lotta (più o meno aspra, più o meno bilanciata) tra i suoi partecipanti per la costruzione e difesa dei propri confini, un continuo bilanciamento di costi, benefici e rischi.
Creare valore, ampliarne la dimensione, contenderne la spartizione con gli altri partecipanti.
Come ha fatto Blue Ribbon, distributore di Onitsuka Tiger diventato poi Nike.
Oppure uscire dalla filiera dove si è nati per entrare in un’altra, a monte, da dove si può meglio dominare la competizione.
Come ha fatto Ray Kroc trasformando McDonald’s in un affiliatore real estate based.